La lista unica contro i populisti è un grande favore ai populisti, dice Enrico Letta

L’ex premier Enrico Letta è convinto che creare un blocco unico contro i populisti sia un grande favore ai populisti. Lo dice in una intervista alla Stampa e all’inizio di una campagna elettorale per le Europee di maggio che è già entrata nel vivo. Letta negli ultimi 5 anni è rimasto ai margini della politica italiana, preferendo dedicarsi agli studi di politica ed economia in Francia. In questi giorni è in libreria con un saggio (“Ho imparato”, Il Mulino) ed è tornato a parlare di politica, nel momento in cui Carlo Calenda da dentro il Pd lancia un suo manifesto anti-populismo annunciando una possibile candidatura. “Il decennio dello smartphone ha indebolito le democrazie e aumentato le diseguaglianze in modo insopportabile. La gente è insoddisfatta: alterna noia a rabbia e vota contro la democrazia”, ha detto Letta. Che sulla crisi di immagine delle democrazie parlamentari dice: “I Parlamenti si svuotano ovunque, Brexit manifesta la crisi della democrazia più solida del mondo». Che fare?, chiede la Stampa: “Adeguare i tempi della decisione a quelli della vita. Nel libro propongo legislature ridotte a tre anni e un termine massimo di tre settimane tra elezioni e nuovo governo”.

Su Renzi: “In fondo devo ringraziarlo: grazie alla cacciata da Palazzo Chigi sto trascorrendo il periodo più bello della mia vita. La ferita della campanella è chiusa da tempo”.

Su Salvini e Di Maio: “Mi stupisce che stiano rifacendo il peggiore errore della seconda repubblica: credersi unti del signore e delegittimare il dissenso, considerandolo immorale”.

Su Juncker e l’autocritica sull’austerità: “Distinguerei. Nella prima fase della crisi l’Europa è stata miope. Dal 2012 fondo salvastati e bazooka di Draghi hanno impresso una svolta. Anche per l’Italia negli ultimi mesi, quando stava esplodendo lo spread”. (…) “Juncker ha salvato il governo e l’Italia da una crisi senza ritorno: di fronte alla sfida del balcone, avrebbe potuto – lui sì – usare la ruspa. Invece ha convinto il premier a tornare al tavolo e a trovare un compromesso. A maggior ragione è vergognoso che sia sbeffeggiato dai nostri governanti alla stregua di un ubriaco da bar di paese”.

Sugli elettori del M5s: “Non è più tempo di teorizzare che altri partiti sono “costole della sinistra”. Bisogna distinguere le leadership dalle motivazioni del voto. Ci sono milioni di persone che il 4 marzo hanno votato M5S, ma oggi sono in silenzio e chiedono qualcos’altro. Con loro bisogna parlare… Con umiltà, non certo dicendo: avete visto che avevamo ragione noi? Leviamoci dalla testa che a un certo punto, all’ennesima “toninellata” o stufi delle divise indossate da Salvini, gli italiani diranno “Ops, ci siamo sbagliati, richiamiamo quelli di prima””.

Su Calenda e il fronte repubblicano: “Ho apprezzato molto il suo libro. L’unica cosa che non mi convince è il frontismo antipopulista, perché è il favore più grosso che puoi fare ai populisti: offri un nemico, l’unica cosa che li unisce”.

Sui professionisti della politica: “La politica dovrebbe riscoprire la professionalità, ma senza diventare professione. La decadenza inizia quando il Parlamento s’è riempito di politici di professione. Ai miei allievi dico: in politica entri e a un certo punto esci… E poi magari torni”.

Leggi qui l’intervista integrale alla Stampa

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