A che punto è in Italia la battaglia per i pagamenti digitali

A che punto e in italia la battaglia per i pagamenti digitali

Dxc

Lorenzo Greco

Secondo molti operatori il 2020 rappresenterà l’anno di maturità per i pagamenti digitali con la loro definitiva affermazione come trend strategico per il settore bancario.

Con l’entrata in vigore nel settembre 2019 della PSD2, la nuova direttiva europea sull’open banking e i pagamenti digitali, si è concluso un primo ciclo di investimenti e di sviluppi tecnologici che ha favorito la creazione di un panorama economico composto da attori bancari e non, pronti a competere e collaborare tra loro per offrire all’utilizzatore finale servizi innovativi e trasversali. 

Significa che finalmente, sul fronte dei pagamenti digitali, l’Italia non sarà più un Paese emergente, come sostiene Paypal? Ne abbiamo parlato con Lorenzo Greco, country manager di Dxc Technology, brand nato dalla fusione tra Csc ed Enterprise Services della Hewlett Packard Enterprise (Hpe), nuovo leader mondiale nell’industria di servizi It.

Quali considerazioni possiamo fare analizzando questo scenario?

La prima è che la digitalizzazione dei pagamenti, essendo per la sua natura trasversale ai diversi settori e vicina al consumatore finale, può rappresentare un formidabile volano di innovazione e di trasformazione per il sistema Paese nel suo complesso. Basti pensare agli impatti positivi che le nuove tecnologie offerte dalle banche ai propri clienti possono apportare al tessuto industriale nazionale, facilitando l’adozione da parte delle PMI di metodi di pagamento veloci, sicuri e poco costosi. Oltre ai benefici economici, l’adozione dei metodi di pagamento digitale può supportare inoltre la modernizzazione dei processi interni e una diffusione della cultura digitale in tutta la società.

I numeri delle transazioni in contante, però, dicono il contrario

I numeri delle transazioni “cash” ci dicono che la diffusione dei pagamenti digitali ha ancora molta strada da fare: in Italia secondo il World Cash Report 2018 ben l’86 % delle transazioni è in cash, contro una media europea del 79% ed un 32% negli USA. Per cogliere questa opportunità, i player di mercato tradizionali hanno avviato importanti collaborazioni con fintech specializzate nel settore dei pagamenti. L’obiettivo è quello di scomporre le componenti del processo di pagamento in servizi elementari, per poi ricombinarle in nuove formule di business. In queste alchimie emergono due principali fattori chiave di successo: da una parte, un focus sulla user experience, sia in termini di elevata qualità del servizio da offrire che di possibili aree di sviluppo da perseguire; dall’altra parte questi modelli sembrano essere vincenti solo quando si aprono ad attori provenienti da settori economici con diverse esperienze da offrire al consumatore finale. Le nuove forme di pagamento digitale, in particolare quelle considerate come digital native payment, non possono essere più considerate come semplici forme di transazione tra soggetti. Rappresentano piuttosto un modo per le aziende per accedere a nuove fette di mercato, composte da quei consumatori finali che considerano queste forme di pagamento digitali come un mezzo per accedere ad esperienze di consumo sempre più avanzate e specifiche delle proprie esigenze.

C’è anche un problema di fiducia del consumatore nelle tecnologie dei pagamenti digitali

In questo quadro è evidente come la tecnologia giochi un ruolo abilitante, offrendo soluzioni tecniche implementative per la transizione dai mezzi di pagamento più tradizionali (bonifici, assegni) a quelli più propriamente digital native (Tap & Go, QR). Non bisogna dimenticare, poi, che tra i fattori di maggior attenzione per l’adozione di strumenti di pagamento digitale, la sicurezza riveste un ruolo fondamentale. Nel rapporto ABI LAB 2019 sugli scenari e i trend del mercato ICT per il settore bancario, si evidenzia che il 58% delle banche intervistate considerano gli aspetti di sicurezza e compliance come fattori ostacolanti per l’adozione delle nuove tecnologie in ambito pagamenti ed incassi. Ancora una volta le soluzioni tecnologiche, come per esempio gli applicativi di Strong Customer Authentication con identificazione multi-fattoriale, giocano un ruolo decisivo per il successo di programmi di trasformazione dell’intero settore bancario.

Come agisce DXC Technology?

Per essere competitivi i servizi finanziari devono rispondere a questo cambiamento velocemente, diventando piattaforme di business, per ripensare la catena di valore tradizionale e come l’organizzazione si pone all’interno di essa, studiare quali servizi le banche vogliono offrire in modo efficiente e come procurarseli, adottare piattaforme digitali che siano integration-centric e che sfruttino gli analytics, l’intelligenza artificiale e l’automazione. DXC Technology, fornitore leader di banking software e di soluzioni front-office managed trading con oltre trent’anni di esperienza, ha creato per supportare le banche un ecosistema di partner che innovano e forniscono soluzioni congiuntamente. Tra questi, AxiomSL, MetricStream, NCR e SAP, oltre a HCL Technologies, Fruition Partners, e Fixnetix. DXC ha creato un modello di consegna di servizi di prossima generazione per garantire automazione intelligente su larga scala, chiamato DXC BionixTM – che sfrutta analytics, IA e automazione per fornire maggiori insight, velocità ed efficienza.

Ha senso parlare di una ‘campagna culturale’ per convincere gli italiani a cambiare abitudini?

Sarà soprattutto il fattore culturale a decidere nei prossimi mesi il successo, o meno, di questa svolta: si sta giocando una partita che può essere vinta solo adottando un approccio collaborativo tra i player di mercato e i partner tecnologici e implementativi, gli unici in grado di offrire soluzioni provenienti da diversi settori economici e in linea con le aspettative del cliente finale. Se questa interazione verrà meno, si parlerà solo dell’ennesima occasione mancata.

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