AGI – È un Nicolò Govoni diverso quello che ha scritto “Fortuna”, il primo romanzo edito da Rizzoli pubblicato dopo altri lavori più autobiografici. Qualcuno fra i lettori abituali potrebbe rimanere sorpreso davanti a quelle 400 pagine: l’autore ha infatti cambiato passo ed ha presentato un lavoro che segna una tappa importante verso una maturità narrativa decisamente interessante.
Alla nota scrittura pulita e diretta, Nicolò Govoni unisce una storia ricca di suspance e colpi di scena che sembrano proiettare il lettore quasi nel mondo di Orwell senza dimenticare però, il filo rosso che lega l’autore da sempre al suo lavoro: prendersi cura degli ultimi. È noto infatti, che l’autore sia il giovane presidente dell’associazione Still i Rise, organizzazione no profit fondata con altri ragazzi come lui, avente come scopo quello di fornire assistenza e istruzione soprattutto ai bambini profughi e vulnerabili.
A loro, in particolare, sono dedicati i centri di emergenza e riabilitazione in Grecia, Siria e presto in Repubblica Democratica del Congo, così come il progetto delle scuole internazionali in Turchia, Kenya e dal 2022 anche in Colombia, in grado di offrire il diploma di Baccalaureato Internazionale a ragazzi che non potrebbero mai avere questa possibilità.
Agli ultimi, ai migranti e profughi è dedicato quindi questo romanzo che non li tratteggia come “disperati” ma come persone con pregi e difetti, aventi però la s-Fortuna di essere nati dalla parte sbagliata. Persone che aspirano alla “Fortuna” di ottenere qualcosa di più.
Ad esempio, una destinazione migliore di quella di un semplice campo profughi o nello stesso campo profughi. Govoni usa un espediente sorprendente per far capire che effettivamente, siamo tutti uguali e tutti siamo sotto lo stesso cielo, tutti dipendenti dalla “Fortuna”. Perché una persona che prende atto delle condizioni disumane nelle quali
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