I “Duecento giorni di tempesta” di una prof in prima linea

AGI – “Fiducia, comprensione e passione”. Sono i tre pilastri, secondo la scrittrice messinese Simona Moraci, giornalista e autrice del romanzo “Duecento giorni di tempesta”, (edizioni Marlin) che sostengono il lavoro di un buon docente. Soprattutto quando opera in contesti difficili dove insegnare diventa una scommessa tutta da vincere con pazienza e fermezza mescolate a un pizzico di dolcezza, che non guasta mai. “Duecento giorni di tempesta“, storia in parte autobiografica, affronta il delicato problema dell’insegnamento in scuole sorte in zone di frontiera, o meglio in quartieri dove regna la malavita e il malaffare e dove a farne le spese anche inconsapevolmente, sono proprio i ragazzi.

Protagonista del romanzo è Sonia, e i duecento giorni di “tempesta” in cui viene coinvolto il lettore, sono quelli dell’anno scolastico durante il quale la docente viene catapultata in una scuola difficile. Il benvenuto è una “pioggia di bottigliette”, tanto per rendere l’idea di quello che l’attende e della sfida che ha davanti.

Ma Sonia, proprio grazie a pazienza e passione, pur facendo i conti con i suoi problemi personali che riaffiorano come demoni dal passato, comprende le difficoltà di quei ragazzi che le si pongono davanti e capisce che dietro l’aria saccente, l’arroganza e quel piglio un po’ strafottente, si nasconde tanta fragilità e insicurezza. “Sonia – spiega all’AGI Simona Moraci – comprende che sono in realtà bambini in attesa del passaggio a ragazzi, visto che stiamo parlando di scuole medie. Scuole che poi sono quelle dove insegno. Sonia deve trovare il modo di conquistare la loro fiducia”.

Già, la fiducia. Elemento fondamentale per costruire un rapporto quando ci si trova in classe con giovanissimi costretti a vivere in zone dove regna la malavita. Il romanzo è in gran parte frutto dell’esperienza della stessa Simona Moraci che ha insegnato in diverse città siciliane e in

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