Le conseguenze dell’automazione: come sarà il lavoro nel 2030

AGI – Sì, le imprese hanno capito che la tecnologia conta e che “si avvicina la piena automazione” nel settore manifatturiero. Sembra però che “né i decisori né gli addetti alla produzione abbiano compreso appieno le sue conseguenze”.

Lo afferma il report “The Rise of the Smarter, Swifter, Safer Production Employee”,  realizzato dall’Ericsson IndustryLab. L’analisi sul futuro della produzione pare sia sempre più consapevole dal punto di vista tecnologico ma sia ancora poco lucida su lavoro e occupazione.

Automazione e occupazione

Il 48% delle imprese italiane intervistate utilizza almeno tre tecnologie avanzate (tra intelligenza artificiale, software video per il riconoscimento e l’analisi, controllo da remoto di macchine, veicoli e robot, realtà virtuale e aumentata, guida autonoma, digital twins, robot collaborativi ed esoscheletri). Il 67% ritiene che nel giro di pochi anni ne verranno adottati almeno sette.

A livello globale, solo il 3% degli intervistati prevede che la propria azienda raggiungerà la piena automazione. Ma un’accelerazione è data ormai per certa: il livello di automazione era del 57% dieci anni fa, è del 69% oggi e si prevede raggiunga il 79% entro dieci anni.

Eppure, oltre la metà degli addetti alla produzione resta convinta che saranno necessari più dipendenti da qui al 2030 e solo uno su cinque stima una riduzione del personale. Tra i ruoli di vertice, l’87% si aspetta che l’intelligenza artificiale venga utilizzata nei processi di produzione entro i prossimi dieci anni, ma il 76% pensa che oltre la metà delle decisioni verrà presa ancora dagli esseri umani.

L’Ericsson IndustryLab parla apertamente di “incongruenza” tra “la consapevolezza della transizione in corso” e “la convinzione che nulla cambierà”. Secondo il rapporto è una visione “umana”, ma allo stesso tempo “ingenua”, come conferma la citazione di uno dei manager intervistati: “Prima avevamo quasi 450 operatori, in tre anni sono stati ridotti quasi del

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