Rinnovati gli accordi con la Libia sui migranti. Orfini: una barbarie, Pd corresponsabile

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Michele Spatari / NurPhoto

Matteo Orfini

“Gli accordi con la Libia sono stati rinnovati. È una pessima giornata e di questa barbarie il mio partito è corresponsabile. A quelli che ci hanno risposto che le cose le vogliono cambiare spetta dimostrare di non essere semplicemente degli ipocriti”. Lo twitta il parlamentare Pd Matteo Orfini, nettamente contrario al rinnovo del memorandum Italia-Libia sui migranti.

Poi, in un lungo post su Facebook, Orfini torna sul tema: “Per me è una giornata brutta, una delle peggiori. Ho perso, abbiamo perso. Gli accordi con la Libia sono stati rinnovati. Certo, oggi tutti promettono modifiche. Tutti dicono che bisogna fare qualcosa in più per i diritti dei migranti. Qualcosa in più. È esattamente questo il punto, la dimostrazione della disfatta culturale e politica di questo paese: i diritti umani sono qualcosa di collaterale, un di più di cui occuparsi a margine di altro”.

“I migranti che fuggono dalla Libia non devono essere riportati indietro. È un atto disumano. Soltanto una piccola parte di loro finisce nei centri di detenzione legale, luoghi terribili ma pur sempre più sicuri dei centri clandestini, in mano ai trafficanti di uomini, dove ogni atrocità è possibile. Soprattutto adesso che con la guerra la Libia è nel caos”.

Carlotta Sami, portavoce per l’Italia dell’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, in una intervista a “La Repubblica”, si unisce a quanti chiedono una profonda rivisitazione del Memorandum Italia-Libia per la gestione dei flussi migratori. “Noi – ricorda Sami – lo diciamo da più di due anni: no ai rimpatri, i centri di detenzione sono luoghi disumani che andrebbero chiusi. Là dentro ci sono oggi circa 4.700 migranti, di cui 3.700 avrebbero diritto ad essere accolti in Europa”.

E ancora: “Noi sappiamo che cosa accade a chi viene rimpatriato. Inaccettabile. I fondi che l’Italia destina alla Libia dovrebbero andare a sostenere altre istituzioni governative oltre alla Guardia costiera. E soprattutto supportare le Ong che ancora cercano di lavorare in quel Paese, nonostante la guerra”.

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