Agli Uffizi un’ipervisione dantesca per celebrare il Sommo Poeta

Gli Uffizi celebrano il primoDantedì con l’acquisto di ‘Francesca da Rimini nell’inferno dantesco’ (1810), capolavoro giovanile di Nicola Monti il pittore protoromantico, artista stravagante e scrittore prolifico, era attivo in Toscana, Polonia e Russia. Parte inoltre la mostra online sulle ‘Immagini dantesche dalle Gallerie degli Uffizi’.

E su Facebook il tour virtuale negli ‘inferi’ del museo. Un acquisto importante, una mostra tematica, un tour negli ‘inferi’ sotterranei medievali degli Uffizi. Con il museo chiuso a causa del coronavirus le molte iniziative messe in campo dalle Gallerie per celebrare il Sommo Poeta nell’occasione del primo Dantedì di domani 25 marzo si trasferiscono online.

L’acquisto di ‘Francesca da Rimini nell’inferno dantesco’ (1810) di nicola monti (Pistoia 1780 – Cortona 1864). L’opera (olio su tela, 168×121 cm) è la prima documentata dell’artista e fu realizzata per il negoziante livornese Luigi Fauquet, suo principale mecenate. Esponente di spicco della pittura protoromantica e grande ammiratore di Michelangelo (in un periodo in cui ad esser venerato come sommo era invece Raffaello), Nicola Monti fu una bizzarra e poliedrica figura di artista e di intellettuale poligrafo.

Fu infatti anche autore di numerosi scritti teorici e biografici tra i quali il Trattatello sul nudo, una specie di manuale che rappresenta per noi una preziosa testimonianza della prassi didattica vigente nel XIX secolo nell’Accademia fiorentina, e la Poliantea, sincero e arguto diario che ricostruisce le tappe del suo viaggio in Polonia ed in Russia, durato ben tre anni – dal 1818 al 1821 – durante i quali realizzò un nutrito gruppo di opere.

Francesca da Rimini nell’Inferno dantesco si ispira al notissimo episodio del V canto del poema dantesco. Il dipinto riflette l’animo solitario e tormentato di questo artista, dotato di una fantasia feconda e di una notevole ricchezza di invenzione, quasi da neo manierista, come ricordavano i suoi contemporanei.

L’ipervisione dantesca

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