AGI – Un piccolo, rapido e denso manuale di giornalismo. Contro i vizi, i tic e le pigrizie del mestiere. Le tante frasi fatte, inutili, dinanzi all’evidenza dei fatti: come “quello che vedete alle mie spalle” del cronista televisivo dinanzi alla cronaca che scorre e che diventa un ritornello superfluo, un tormentone di cui non c’è alcun bisogno, ma che dà però il titolo al libro di Filippo Nanni (“Alle mia spalle”, edito da Vallecchi, € 14, pp. 128), giornalista televisivo che ha lavorato per vent’anni in tv in quel rullo compressore delle notizie a getto continuo che è Rainews24 per poi far ritorno come vicedirettore al Giornale Radio Rai a governare una macchina dove le notizie non si vedono ma s’ascoltano, dopo aver lavorato come autore di programmi di successo come Ballarò di Giovanni Floris, che firma la prefazione al libro, nella quale si legge: “Si vuole essere giornalisti anche perché l’omologazione un po’ ti infastidisce e vuoi aprire delle crepe. Si vuol fare i giornalisti per disturbare, un po’, anche se stessi”.
Ad ogni medium il suo linguaggio e le sue tecniche. Ma Filippo Nanni è contro ogni banalità, sia nel bene che nel male, quasi un imperativo categorico, e il libro diventa così un viaggio critico quanto appassionato all’interno della scatola televisiva delle news, tra segreti e molte cattive abitudini, dove si incontrano tanti tipi di giornalisti, ciascuno con le sue “fragilità umane”, fatte di stima, autostima, superstima, voglia di primeggiare, protagonismo, emergere, colpire, fare lo scoop – miraggio e ambizione di ogni professionista che si rispetti. E spesso anche con inutili forme descrittive perché, se si è in tv, è già il mezzo che fa vedere quel che talvolta è quasi inutile forse persino descrivere, perché “il racconto per immagini si nutre di parole, scenari

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