Come e perché finisce la parabola di Leu, che voleva raccogliere i cocci della sinistra

Come e perché finisce la parabola di Leu, che voleva raccogliere i cocci della sinistra

Le storie d’amore della sinistra finiscono spesso in divorzio, che in politica si chiama scissione. Leu non pare destinata a fare eccezione, anche se il suo leader (l’ex presidente del Senato Piero Grasso) ostenta sicurezza. Nata il 3 dicembre scorso, la componente della sinistra alternativa ma responsabile, antirenziana ma non barricadera (almeno in parte), sicuramente non blairiana ma poi ci si ferma lì, difficilmente festeggierà il primo compleanno.

Colpa di una fusione a freddo (qui il problema sembra essere per una volta comune al Pd) ma soprattutto colpa del fatto che nessuno, in Europa, è riuscito a porsi a sinistra dei partiti socialisti e a raccoglierne i voti in uscita, come dalla tavola del ricco Epulone.

Il tempo volge al brutto

In Francia la fuga si è trasformata nella Marcia di Emmanuel Macron. In Germania la Spd cede punti in favore dei Verdi, non della Linke. In Gran Bretagna la sinistra alla Corbyn – ben più radicale dei Liberi e Uguali italiani – è in salute molto migliore, ma forse anche perché non ha mai lasciato il Labour in mano agli epigoni di Tony Blair. Vecchia regola della politica: se lasci il campo, dichiari da solo la sconfitta. Nonostante questo a sinistra prevale spesso il gusto della separazione.

Leu, da parte sua, è nata dalle ceneri di Sinistra Italiana e dai transfughi del Pd, riuniti in Mdp. Ceneri fino ad un certo punto: nessuna di queste componenti ha mai rinunciato del tutto a se stessa in nome della costruzione del nuovo soggetto. Al contrario, tutti hanno agito come a volersi tenere a disposizione una carta di riserva, in caso di cattivo volgersi delle condizioni del tempo. Infatti il tempo ora volge al brutto.

Il potere del popolo

Il primo colpo lo ha dato il risultato elettorale del 4 marzo. C’era chi era pronto a scommettere su un 10 percento buono, per via del salasso del Pd. È arrivato il 3,3: appena poco sopra la soglia per entrare in Parlamento. Il restante 6,7 è finito al Movimento 5 Stelle, se non alla Lega.

Oppure è arrivato dritto nelle tasche di una forza minore e a suo modo identitaria quasi quanto la Lega. Si chiama Potere al Popolo, e dietro c’è in parte un’altra componente storica e scissionista della sinistra, Rifondazione. Che copre solo una parte delle complesse alchimie interne al gruppo, ma è in grado di caratterizzarne spesso la linea e la tattica.

Potere al Popolo non è entrato in Parlamento, ma partendo dallo zero percento dei sondaggi ha raggiunto il due. Una crescita proporzionalmente degna di Fibonacci. In campagna elettorale ha cavalcato vecchi slogan come l’uscita dalla Nato. Leu non ha saputo essere altrettanto sapida. Allo stesso modo non è riuscita ad essere incisiva di fronte ad un governo che pure avrebbe potuto rappresentare un bersaglio ben riconoscibile, e sono errori che si pagano.

Divisi pensando al futuro

La divisione, in queste ore, pare si consumi in prospettiva. La componente proveniente da Sinistra Italiana accusa gli uomini di Mdp, a cominciare da Pier Luigi Bersani, di essere tentati dal grande rientro: adesso che il Pd è a trazione sempre meno renziana si aprirebbero degli spazi per chiudere i vecchi conti. Ma il Pd è rantolante, ribadiscono questi, e non si perdono due vivi per salvare un morto. La realtà è che, all’avvicinarsi delle elezioni europee, il Partito Democratico si sta presentando in ritardo all’appuntamento: le primarie non saranno prima del 3 marzo. Questo vorrà dire affrontare, immediatamente dopo, la campagna elettorale con ancora sul groppone le sanguinose divisioni della consultazione.

Qualcuno pensa che alla fine si arriverà alla formazione di un listone di centrosinistra. Altri controbattono si tratterebbe del regalo più bello da fare a Matteo Salvini: tutti contro uno. Uno vince.

Come e perché finisce la parabola di Leu, che voleva raccogliere i cocci della sinistra

 Bersani e D’Alema (Imago)

Come Mark Twain

Certo è che, allo stato attuale delle cose, è difficile immaginare qualcuno che possa superare la soglia di sbarramento del 4 percento, necessaria per staccare il biglietto per Strasburgo. Probabilmente non ci riuscirebbe nemmeno una rinata Lista Tsipras come quella di cinque anni fa; quella che – ora l’accusa è della componente Mdp verso Sinistra Italiana – qualcuno vorrebbe mettere su. Nel nome della nostalgia. Tanto più che pure Potere al Popolo sta conoscendo i suoi guai: Rifondazione sta prendendo una via autonoma.

Insomma, il frazionamento dell’esistente è la parola d’ordine. Di suo Laura Boldrini ha già da mesi la sua corrente. Si chiama, come in una canzone di Lucio Dalla, Futura. Pippo Civati se ne è andato da tempo. Pietro Grasso, impegnato in un tour per mezza Italia, twitta parafrasando Mark Twain: “La notizia della morte di Liberi e Uguali è un tantino esagerata. Ci vediamo a Roma il 24 novembre”. Twain scriveva anche: “Chiunque cercherà di trovare uno scopo in questa storia verrà perseguito a termini di legge”.

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