I contributi pensionistici dei consiglieri regionali sardi sono un caso

I contributi pensionistici dei consiglieri regionali sardi sono un caso

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C’è una grossa polemica in Sardegna sulla proposta di legge (presentata il 16 ottobre scorso) per riconoscere contributi previdenziali ai consiglieri regionali rimasti senza vitalizi dopo la loro abolizione a partire dalla legislatura 2014-2019. Il testo, inizialmente firmato da quasi tutti i 60 onorevoli (tranne quelli di Fratelli d’Italia, e dei presidenti della Giunta, Francesco Pigliaru, e del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau), incentiva l’iniziativa volontaria dei consiglieri di aderire a trattamenti pensionistici integrativi per il periodo del mandato, con costi a proprio carico e con il concorso del Consiglio, sul cui bilancio interno graverebbe una spesa di 5 milioni 882 mila euro per il 2018 e di un milione di euro per ciascuno degli anni successivi.

I vitalizi agli ex onorevoli  pesano ancora per quasi il 15% sul bilancio interno 2017 del Consiglio regionale della Sardegna, che l’Aula ha approvato il 9 gennaio scorso. La voce “pagamento vitalizi” assorbe ancora poco più di 17,7 milioni di euro dei 119,2 milioni dell’intero bilancio consiliare. Otto milioni di euro, invece, sono previsti per le indennità consiliari, il rimborso forfettario per le spese sostenute per l’esercizio del mandato e per l’indennità di carica per i consiglieri che svolgono particolari funzioni. Le entrate sono costituite quasi interamente dalla dotazione ordinaria proveniente dal bilancio della Regione e si attesta stabilmente sui 72,5 milioni.

“Attraverso un’adesione volontaria e per iniziativa dei singoli si colma una lacuna che potrebbe penalizzare coloro che si impegnano nel mandato elettorale”, si legge nella relazione di accompagnamento della proposta di legge 555, esaminata a tempo di record, il giorno dopo la presentazione, il 17 ottobre, dalla Prima commissione (Autonomia) che ha concluso in fretta e furia l’esame dei due articoli e rinviato il testo alla Terza (Bilancio) per il parere finanziario.

Qualche consigliere firmatario, dopo le contestazioni sui social e i primi articoli suoi quotidiani locali, ha già disconosciuto il testo. È il caso di Emilio Usula (Rossomori), medico, che così si sfila su Facebook: “Dopo lettura più attenta ho deciso di ritirare la mia firma da quella proposta, che ritengo discriminatoria nei confronti dei cittadini che non possono usufruire dei medesimi vantaggi. Non so se la legge arriverà in Aula in consiglio regionale, credo di no”, scrive il consigliere regionale.

“In ogni caso confermo il ritiro della mia firma e qualora arrivasse in aula il mio voto sarebbe decisamente contrario e argomenterò la posizione. Personalmente la mia pensione deriva dal lavoro di una vita”. Lo stesso ha fatto Paolo Zedda (Art.1-Sdp), con un annuncio su Fb: “Mi sono dichiarato favorevole, in linea di massima, alla valutazione di una correzione che prevedesse il versamento pensionistico da perte dei consiglieri regionali”, spiega. “Ma non condivido il modo con cui si propone di risolvere questa anomalia nella proposta di legge depositata di recente, e non ho apposto la firma sul testo, come avrò modo di provare. Chiederò di correggere questo errore immediatamente”. “è giusto che i consiglieri abbiano un versamento pensionistico ma non che si chieda un risarcimento a posteriori”, conclude Zedda. “L’errore, eventualmente, si può correggere a partire dalla prossima legislatura. Chiedo scusa per quanto è successo”.

Non rinnega la firma, anzi la spiega, il capogruppo del Pd Pietro Cocco, sempre in un lungo post su Fb in cui ricorda che in questo momento “il Consiglio Regionale della Sardegna è l’unico in Italia che non versa alcun contributo ai propri consiglieri”. “Per colmare quel vuoto normativo la proposta prevede l’introduzione del sistema previdenziale contributivo ovvero contributi da sommare a quelli versati attraverso il proprio lavoro dipendente o autonomo utilizzabili per il calcolo della pensione al compimento dei 65 o 67 anni”, precisa il capogruppo del primo partito di maggioranza. “è giusto che la politica possa essere appannaggio soltanto di coloro che potranno finanziariamente permetterselo?”.

“Lavoro e pago i contributi da quando avevo 21 anni. Ho avuto l’onore di fare il sindaco del mio paese per 10 anni, comune che non ha dovuto versare per me nessun contributo previdenziale, neanche quelli figurativi”, argomenta Cocco. “Nel 2006, appena eletto, ho rinunciato, insieme alla mia giunta, alla indennità per contribuire a sistemare le casse del comune (non ero consigliere regionale). In dieci anni non ho mai preso un rimborso pranzo o auto, pur avendo sempre utilizzato il mio mezzo. Detto questo, penso sia giusto che chi svolge attività istituzionale venga retribuito e abbia i contributi versati, lo prevede la Costituzione, proprio per garantire a tutti i cittadini parità di accesso, siano essi figli di notai, di industriali, di pastori o di operai”.

A gennaio, durante la discussione sul bilancio interno del Consiglio regionale, diversi consiglieri, di maggioranza e opposizione, avevano sollevato la questione dei contributi previdenziali, poi affidata all’ufficio dei questori per trovare una soluzione. Ma la proposta di legge depositata tre settimane fa, a pochi mesi dalla fine della legislatura e dalle elezioni regionali, ha suscitato più di un commento indignato.

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