La polemica sull’editore di Casapound al Salone di Torino

La polemica sulleditore di casapound al salone di torino

Conto alla rovescia con polemiche per la 32 esima edizione del Salone internazionale del Libro di Torino (dal 9 al 13 maggio). I riflettori della manifestazione si accenderanno giovedì mattina al Lingotto Fiere, ma la tensione è già alta per la partecipazione nei cinque giorni di kermesse della casa editrice Altaforte, vicina a Casapound. L’editore presenterà, tra le altre cose, il libro “Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio”.

Molte le voci che si sono levate contro la partecipazione della casa editrice e gli inviti a boicottare la buchmesse torinese. Tra le defezioni eccellenti, quella del collettivo di scrittori Wu Ming, del saggista Carlo Ginzburg, di Zerocalcare, che ha annullato tutti gli impegni al Salone, e della presidente nazionale dell’Anpi, Carla Nespolo, che avrebbe dovuto presentare il 10 maggio il volume di Tina Anselmi “La Gabriella in bicicletta”, edito da Manni. Il motivo, spiega l’associazione nazionale partigiani d’Italia, è legato “all’intollerabile presenza al Salone della casa editrice Altaforte che pubblica volumi elogiativi del fascismo”.

La presenza della casa editrice Altaforte è invece difesa dal Comitato di Indirizzo del Salone che nei giorni scorsi ha spiegato di essere “plurale e aperto alla discussione, perché il dialogo è fondamento della democrazia”. Per il Comitato infatti spetta alla magistratura “giudicare se un individuo o un’organizzazione persegua finalità antidemocratiche. È pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri”.

Raimo si dimette da consulente

Fortemente contrario è invece lo scrittore Christian Raimo, tanto da arrivare a rassegnare le sue dimissioni da consulente editoriale della manifestazione “per proteggere il Salone del Libro dalle polemiche”. “Ogni spazio pubblico – spiega – è oggi un luogo di battaglia, culturale, politica, civile, antifascista. Io andrò al Salone del libro di Torino, non più da consulente: la ragione per cui mi sono dimesso è che non voglio la presenza di editori dichiaratamente fascisti o vicini al fascismo, penso che il Mibac, ossia lo stato, debba tutelare questo diritto per tutti, e proteggere il Salone da ogni ingerenza fascista; penso che l’Aie e l’Adei, ossia le associazioni degli editori, debbano affrontare radicalmente questa questione”.

“Ma – aggiunge Raimo – ci andrò ancora da autore, lettore e cittadino. Il programma che Nicola Lagioia e il comitato editoriale ha messo su per quest’anno, anche io ho dato una piccola mano, è straordinario, anche da un punto di vista della qualità del dibattito intorno alla politica e alla democrazia”.

Intanto, si moltiplicano gli appelli a non boicottare il Salone. Per il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino “La scelta dei vertici del Salone è l’unica che si possa fare, fermo restando che l’attività di questa casa editrice non mi è gradita, come non è gradita la sua presenza al Salone”. “Dal punto di vista giuridico – aggiunge Chiamparino – non ci sono elementi per negare l’accesso alla casa editrice. Nulla vieta che si possano esprimere giudizi, ma credo non ci sia nulla di peggio che utilizzare argomenti amministrativi per impedire la presenza di una casa editrice, per quanto la stessa sia discutibile”.

A confermare la partecipazione al Salone, anche la scrittrice Michela Murgia, che in un lungo post su Facebook, condiviso dal direttore del Salone Nicola Lagioia, ha spiegato: “Se CasaPound mette un picchetto nel mio quartiere che faccio, me ne vado dal quartiere? Se Forza Nuova si candida alle elezioni io che faccio, straccio la tessera elettorale e rinuncio al mio diritto di voto? Se la Lega governa il Paese chiedo forse la cittadinanza altrove? No. Non lo faccio. E non lo faccio perché da sempre preferisco abitare la contraddizione piuttosto che eluderla fingendo di essere altrove”.

Appendino: “Le idee si combattono con le idee”

“Torino è antifascista. Questo semplice concetto in premessa deve essere molto chiaro, così come deve essere altrettanto chiaro che, in democrazia, non esistono alternative praticabili a questa posizione”, commenta la sindaca di Torino, Chiara Appendino, “a quei valori liberali, democratici, antifascisti vogliamo tenere fede. L’occasione è utile per ricordare che la Città di Torino, Medaglia d’Oro alla Resistenza, sarà presente al Salone Internazionale del Libro. Sarà presente con il suo stand e i suoi eventi, incarnando nella sua bandiera quei valori di libertà e uguaglianza che fanno parte della nostra stessa identità”.

“Di certo – dice Appendino – non abbandoneremo il campo, perché le idee si combattono con idee più forti. Le nostre ci saranno e, insieme alle nostre, ce ne saranno tantissime altre”. “È solo con la cultura – conclude Appendino – che possiamo porre un argine a ogni possibile degenerazione o ritorno di ciò che deve essere archiviato per sempre. Tanti e uniti. È così che si vince. Buon Salone Internazionale del Libro a tutte e tutti”.

L’editore: “Se ci assaltano chi si prende le responsabilità?”

“Credo che la città di Torino abbia problemi maggiori rispetto alla nostra partecipazione al Salone del Libro. È una città industriale senza lavoro, amministrata molto male da una sindaca che non fa nulla per portare investimenti”, è la reazione di Francesco Polacchi, responsabile di Altaforte, interpellato da AGI.

“È assurdo ricevere minacce di morte per aver pubblicato un libro-intervista sul ministro dell’Interno che sarà votato da un italiano su tre – aggiunge Polacchi – noi siamo una casa editrice sovranista e Salvini è la persona che in questo momento incarna con maggior credito l’idea sovranista”. E ancora: “Il problema dell’Italia sembra essere CasaPound, mica la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta. CasaPound, lo ribadisco, esiste perché siamo in una democrazia”.

Sulle accuse di apologia al fascismo l’editore replica: “Quella è una legge scritta da una persona (Mario Scelba ndr) che si è dimostrata censore dei sindacati e delle lotte proletarie. Mi sembra assurdo che venga presa come punto di riferimento”. E infine: “Sapevo ci sarebbero state polemiche, ma non credevo di questa portata. I centri sociali dicono che verranno a chiuderci lo stand, ma se ci assaltano chi se le prenda poi la responsabilità? Forse la sindaca Appendino? Da parte nostra siamo preoccupati, ma non rinunceremo al Salone”. 

Zerocalcare: “Non faccio jihad su chi va e chi non va”

“In effetti ho annullato tutti i miei impegni al Salone del libro di Torino, sono pure molto dispiaciuto ma mi è davvero impossibile pensare di rimanere 3 giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi ha accoltellato i miei fratelli, incrociarli ogni volta che vado a pisciare facendo finta che sia tutto normale”, è invece il commento, affidato a Facebook, del fumettista Zerocalcare.

“Non faccio jihad – spiega – non traccio linee di buoni o cattivi tra chi va e chi non va, sono questioni complesse che non si esauriscono in una scelta sotto i riflettori del Salone del libro e su cui spero continueremo a misurarci perché la partita non si chiude cosi’. Sono contento anche che altri che andranno proveranno coi mezzi loro a non normalizzare quella presenza, spero che avremo modo di parlare anche di quello”.

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