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(Agf)
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio
Riemergono i malumori dentro il M5s sul decreto sicurezza. La legge targata Matteo Salvini, che aveva agitato l’anima più ortodossa del Movimento e che ieri ha infiammato lo scontro con alcuni sindaci, Leoluca Orlando in testa, riapre il fronte delle critiche 5 stelle. Uno strappo che pesa e che fu certificato anche dalla ‘presa di distanza’ del presidente della Camera, Roberto Fico, che aveva scelto di non presiedere la seduta il giorno dell’approvazione definitiva del provvedimento a Montecitorio.
Oggi qualche pentastellato esce allo scoperto, come il senatore Matteo Mantero – che non aveva partecipato per protesta al voto di fiducia sul dl Sicurezza e che il 31 dicembre è stato però ‘assolto’ dal Collegio dei probiviri M5s – che punta il dito contro un provvedimento definito “incostituzionale e stupido”, che servirà a “creare illegalità” e che “auspicabilmente sarà smontato dalla Consulta”. Così come la senatrice Elena Fattori – lei ancora in attesa di giudizio dei Probiviri per la mancata votazione al dl Sicurezza – che auspica l’intervento del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, perché la legge possa essere cambiata. Ma così non sarà.
Il governo tira dritto
Secondo quanto apprende l’Agi da fonti qualificate di maggioranza, nonostante la disponibilità del premier ad incontrare gli esponenti dell’Anci, non c’è alcuna possibilità che la legge venga modificata. Un eventuale incontro con i sindaci, viene spiegato dalle stesse fonti, non avrebbe la finalità di cambiare il provvedimento relativo a sicurezza e immigrazione, ma dimostrerebbe soltanto che il canale di dialogo con il governo è sempre aperto e servirebbe anzi per spiegare ai primi cittadini che le contestano, le ragioni delle misure approvate il 28 novembre scorso.
Anche il vicepremier Luigi Di Maio difende la legge, ma richiama all’ordine la fronda interna, sostenendo che “se c’è qualche membro della maggioranza che si sente a disagio si deve ricordare che è membro di una maggioranza che questo decreto l’ha votato, che come governo lo sta applicando, che lo sosteniamo e che questa protesta è una boutade politica. Se poi ci saranno dei ricorsi che in via incidentale andranno alla Corte Costituzionale, sarà la Corte a giudicarlo”.
Ciò non cancella, però, il malcontento dentro M5s. Molti confermano un disagio per una legge che “se M5s fosse stato al governo da solo l’avrebbe fatta in maniera sicuramente diversa”, viene riferito. Ma c’è chi ipotizza anche che possa esserci qualche ‘uscita’ dal gruppo pentastellato a Montecitorio: tra i nomi che girano, ci sarebbe quello di Gloria Vizzini, una dei 18 deputati che inviò una mail al capogruppo alla Camera Francesco D’Uva lamentando il poco confronto proprio sul dl Sicurezza.
Ma, secondo quanto viene riferito, Vizzini e D’Uva si sarebbero parlati, e la deputata avrebbe escluso la volontà di lasciare il gruppo 5 Stelle ,pur rivendicando la libertà di prese di posizione critiche. Dai piani alti M5s viene assicurato che proprio da quella famosa mail, lo spazio per il dialogo tra i 5 stelle sia diventato maggiore, anche se non in assemblea congiunta ma a livello di contatti personali o in sede di commissione parlamentare. Anche altri deputati talvolta critici, come Luigi Gallo, non vengono considerati a ‘rischio’ perché comunque alla fine votano sempre in linea con le decisioni del gruppo.
Numeri a rischio al Senato
Situazione più difficile al Senato, invece, dove Elena Fattori – che ha già annunciato che non voterà più fiducie – e Paola Nugnes (anche lei ancora in stand by per i probiviri) oltre ad avere posizioni critiche non votano secondo la decisione della maggioranza: per entrambe i ‘margini’ di salvezza sembrano pochi anche se la loro espulsione creerebbe un danno non da poco alla maggioranza di governo che al Senato conta già su numeri risicati.
Tra i 5 stelle c’è chi preferisce non rilasciare dichiarazioni per non alimentare un dibattito “sul nulla”, cosi’ dice un parlamentare pentastellato, anche perché, sottolinea, “gli effetti del decreto si vedranno con il tempo”. Adesso si tratta solo di propaganda perchè – è la domanda dentro M5s – su cosa avrebbe inciso la legge dal momento che gli arrivi sono pari a zero da quando il decreto è stato convertito?
I prossimi fronti con la Lega
In ambienti 5 Stelle c’è pero’ chi fa notare che proprio la loro presenza sia riuscita a “migliorare” il testo con il contrasto al business illegale dell’immigrazione. E che la protesta dei sindaci sia solo propaganda in vista delle Europee. “I sindaci non possono pensare di non applicare le leggi, così passano dalla parte del torto” sostengono da M5s. La scelta di Di Maio di rilanciare sul taglio degli stipendi dei parlamentari, viene spiegato ancora in ambienti pentastellati, avrebbe ricompattatto il gruppo su un tema del Movimento delle origini su cui i 5 stelle sono d’accordo e su cui faranno campagna elettorale anche per le Europee; e anche contro la Lega che ha altre priorità e alla quale si contende il consenso a livello europeo. Ma non sarà questo il tema che dividerà i due alleati giallo-verdi, sono sicuri dentro M5s, piuttosto il tema dell’Autonomia e soprattutto della legittima difesa.
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