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(Afp)
Senato
Primi passi, in aula al Senato, per il disegno di legge (ddl) costituzionale sul taglio dei parlamentari, ritenuto dalla maggioranza uno dei pilastri, assieme a quello sul referendum propositivo attualmente all’esame della Camera, delle riforme istituzionali da portare a compimento in questa legislatura. A Palazzo Madama, nel pomeriggio, ha preso il via la discussione generale del provvedimento, che ha fatto registrare una prima polemica a tempo di record, quando il relatore Roberto Calderoli ha annunciato di non voler svolgere la consueta relazione illustrativa del lavoro fatto in commissione Affari costituzionali, rimandando al testo scritto depositato.
Una scelta motivata con la volontà di snellire il dibattito, che è stata immediatamente stigmatizzata da tutti i rappresentanti delle opposizioni, a partire dal senatore di FI Lucio Malan che ha parlato di una “riforma comincia male il suo cammino, con il relatore che non ritiene neppure di illustrare quello che è stato fatto in commissione, ma presenta un emendamento che modifica in toto le norme che toccano il Senato della Repubblica”.
Di quanto dovrebbero essere tagliati i parlamentari
Prime schermaglie d’aula a parte, la fase preliminare dell’esame del ddl è stata preceduta, in giornata, dal lavoro di posizionamento di maggioranza e opposizione sul merito del testo, in vista della discussione degli emendamenti. Il Pd, dopo una riunione del proprio gruppo, ha deciso di presentare undici emendamenti che sostanzialmente accettano il taglio dei parlamentari da 945 a 600 previsto dal testo in discussione, ma che rilanciano un caposaldo della riforma Boschi approvata nella scorsa legislatura e bocciata dal referendum del 4 dicembre 2016, vale a dire la differenziazione tra le funzioni della Camera e del Senato e l’abolizione del bicameralismo perfetto.
“Noi per una riforma ci siamo – ha detto il capogruppo Dem in commissione Affari costituzionali Dario Parrini – per una pagliacciata o uno spot-patacca no”. Più duro il giudizio del presidente del gruppo Andrea Marcucci, il quale ha parlato di “taglio della democrazia rappresentativa” e di “ddl ispirato dalle parole di Davide Casaleggio che ha definito il superamento del Parlamento come inevitabile”.
I senatori di FI, più volte intervenuti nel corso del dibattito, hanno insistito sul fatto che a loro avviso si tratta di uno “spot elettorale” che “fa felici i cittadini ma non serve alla democrazia e non risolver alcun problema”. Sul fronte della maggioranza, il ministro per i Rapporti col Parlamento Riccardo Fraccaro ha più volte rivendicato, nel corso della giornata, la bontà della riforma, prima augurandosi “consenso delle altre forze politiche per approvare all’unanimità una riforma invocata a gran voce dai cittadini”, quindi replicando direttamente al Pd con una nota in cui chiede di non “creare inutili diversivi” perché “il superamento del bicameralismo è stato già bocciato dai cittadini tramite referendum”.
Ridotti anche il numero degli eletti all’estero
Una presa di posizione, quest’ultima, che ha suscitato sua volta dure reazioni in casa Dem, come quelle del deputato Marco Di Maio e della senatrice Simona Malpezzi che hanno parlato di “mezzucci” e di un ministro che “mente sapendo di mentire”. Intanto, tutte le opposizioni hanno fatto proprio un appello di studiosi, intellettuali e professionisti italiani residenti all’Estero, che ha già raccolto 4mila firme in pochi giorni e che chiede alla maggioranza di non procedere col taglio dei parlamentari almeno per ciò che riguarda gli eletti nelle circoscrizioni Estero.
Secondo quanto spiegato dai promotori in una conferenza stampa, la riduzione degli eletti all’Estero da 18 a 12 (8 alla Camera e 4 al Senato) comporterebbe un’ulteriore compressione di una rappresentatività già bassa con la legge elettorale in vigore, a fronte di un corpo elettorale che negli ultimi anni è quasi raddoppiato.
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